RASSEGNA STAMPA
IL SECOLO XIX - Inchiesta sui poliziotti "assoldati"
Genova, 18 febbraio 2009
Inchiesta sui poliziotti "assoldati"
i retroscena svelati dalle intercettazioni
Scoperte decine di missioni segrete in Africa per conto di Fouzi a processo per un crac
LA SITUAZIONE è cambiata drasticamente alla fine dello scorso anno: colpo di stato in Guinea, paese dell'Africa occidentale a quattromila chilometri dall'Italia, e potere alla giunta militare, guidata dal capitano Moussa Dadis Camara. Finisce così l'epoca del discusso presidente Lansana Conté - in carica da quasi 25 anni - stroncato proprio in quei giorni da una malattia. Il punto è: cosa c'entrano, i rivolgimenti politici africani, con Genova?
La risposta sta in un'inchiesta condotta sotto traccia dalla procura del capoluogo ligure che mette nel mirino decine di viaggi segreti, proprio in Guinea, di un gruppo di poliziotti genovesi: agenti specializzati in armi ed esplosivi, artificieri, uomini che hanno lavorato alle "scorte" di magistrati e personaggi di primo piano. Tutti "assoldati" in nero, hanno scoperto i pm, da un misterioso uomo d'affari siriano, il sedicente cardiochirurgo Fouzi Hadji recentemente rinviato a giudizio per un crac milionario. Riannodando i fili di quella bancarotta - un fiume di denaro che, secondo la Finanza, sparisce da un'azienda locale per finire sui conti di mezzo mondo e nelle tasche dello stesso Fouzi - gli investigatori hanno scoperto che i legami del finto medico con la questura erano estremamente solidi, incardinati sul rapporto "di lavoro" instaurato con un gruppo di tutori dell'ordine. «Devo parlarne al mio principale», «mi manda in Guinea perché il presidente (cioè il vecchio Lansana Conté) è un suo amico».
Ecco le frasi che ricorrono nelle intercettazioni registrate negli ultimi due anni, prima che quel colpo di Stato azzerasse contatti e affari. Cambiato lo scenario politico, infatti, anche il viavai con la capitale Conakry ha subito una battuta d'arresto. Eppure lo scandalo dei poliziotti a libro paga, e delle mai chiarite mansioni che avrebbero svolto nel continente nero, torna di strettissima attualità. Perché sempre a Genova potrebbe presto concludersi un'altra inchiesta, in cui è confluita una parte di quelle spinosissime telefonate. Si tratta d'un fascicolo per falsa testimonianza aperto a carico del capo degli artificieri, Marcellino M.
La Procura lo accusa di aver mentito sui procedimenti del G8, in particolare quando gli chiesero dov'erano finite le false molotov della Diaz, ovvero le bombe che la polizia dichiarò di aver trovato dentro l'istituto mentre le avevano portate gli agenti per "incastrare" i no global. Le bottiglie incendiarie, durante il processo che si è chiuso a novembre con condanne "soft", sparirono nonostante la polizia le avesse in custodia. E, hanno stabilito le indagini, non si trattò di un fatto accidentale, come invece dichiarò l'artificiere che le doveva controllare.
Per scoprirlo hanno usato le comunicazioni di Marcellino M. che era sotto controllo per un'altra storia: appunto le collaborazioni occulte con il siriano e le missioni in Guinea svolte insieme ai colleghi. In pratica: intercettando il poliziotto per capire cosa andassero a fare lui e i suoi amici in Africa, scoprono come sono scomparsi gli ordigni del G8. E quest'ultimo filone, in dirittura d'arrivo, potrebbe portare a galla i retroscena dell'altro.
«Almeno una decina» sono le missioni intercontinentali sulle quali cercano di far luce i magistrati. E la domanda che ispira gli accertamenti è tanto semplice quanto imbarazzante: cosa ci andavano a fare i poliziotti in Guinea, considerate le loro competenze specifiche? Per quanto tempo si è protratta l'attività parallela, al punto che il viaggio a Conakry, fino a un paio d'anni fa, era diventato addirittura un'aspirazione per coronare la quale i candidati cercavano pure degli sponsor? Quanto era retribuito quel lavoro? E soprattutto: fino a che punto era compatibile con la divisa? In Procura le bocche restano cucite. Ma non c'è dubbio che il 2009, dopo mesi di stallo nei rilievi, rischia di far deflagrare un bubbone (molto) infetto. Ci sono stati, certo, il colpo di stato e il processo per bancarotta al "principale", all'uomo che i poliziotti in Africa ce li spediva. Ma i riflettori sui misteriosi viavai potrebbero riaccendersi proprio quando sembravano spegnersi.
GRAZIANO CETARA
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